Essere stranieri in patria può significare sentirsi d’improvviso sprovvisti di una lingua data che ci accomuni alle persone di fronte a noi, essere consegnati all’incomprensione. Eppure, if poetry is what is lost in translation, esiste forse anche un tipo di poesia, che nasce proprio dallo scarto di quest’apparente incomprensione. Trovarsi di fronte a una serie di suoni a cui non abbiamo pieno accesso, e che ci rendono d’improvviso capaci – o forse ci costringono – ad inventare, più che capire, un senso ultimo contenuto nelle parole altrui questa è la condizione: essere felicemente disarmati di fronte alla lingua dell’altro, entrare d’improvviso nelle prime pieghe accessibili della sua lingua e scoprire un mondo nuovo fatto di regole proprie. E questo forse non è solo un esercizio poetico, ma la base della nostra convivenza civile.
Pathosformel