Da Beckett all’Esausto….

«È come l’immagine deve accedere all’indeterminato, pur restando completamente determinata, così pure lo spazio deve essere sempre uno spazio qualunque, disertato e deserto, pur essendo geometricamente determinato» (L’esausto di Gilles Deleuze).

Nella scrittura di Beckett  vedo dileguarsi il confine che separa il soggetto dall’esterno e “le situazioni dell’interiorità diventano contemporaneamente situazioni della natura fisica” (Capire finale di partita, T.W.  Adorno), così la mia aspirazione era che lo spazio scenico diventasse  spazio dell’interiorità, ma, allo stesso tempo, rappresentazione di un semplice interno: la stanza dell’esausto.

Il mio esausto si muove percorrendo lo spazio con ritornelli motori inseguito ed inseguendo la sua ombra: ombra intesa non solo come sagoma buia che lo segue, ma anche come bagaglio di ricordi, immagini, voci, che ogni essere umano porta con sé. Ombra come Altro, come personificazione interiore di quel bagaglio di ricordi e di pensieri.

Perché un giovane nemmeno trentenne come me  vuole mettere in scena dei personaggi così vecchi e rassegnati? Forse perché sento che chi conduce i giochi, chi ci dice oggi come vivere, i nostri  uomini di potere reputano del tutto non necessario  ascoltarmi  e aprirsi a me giovane, a me in quanto altro, portatore di idee e valori diversi dai loro.

Questo mi dà un senso di impotenza che ritrovo nei personaggi di Beckett. Scopro in me una impotenza molto simile alla loro e sento  che questo avere le mani legate si traduce in una tendenza a chiudermi in me stesso e ad isolarmi: posso parlare quanto voglio, ma non vedo persone interessate a ciò che dico, né le mie parole cambiano qualcosa…

Le colpe dei padri ricadono sui figli: inizio a sentirmi e ad essere anche io un individuo monologante, anche per me la comunicazione inizia a sembrare qualcosa di inutile…

Vedo di fronte a me una società di migliaia di Lucky giovani ma già invecchiati, tutti uguali, tutti al guinzaglio, tutti pronti per essere svenduti al mercato, oramai sfruttati negli anfratti più reconditi del proprio essere, nutriti dagli ossicini scartati dal vecchio e potente Pozzo.

Lorenzo Gleijeses


>La scheda dello spettacolo

Teatro Carignano
22 ottobre 2009 – ore 20.00

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