Leggo: «Sono uno straniero nel mio paese», e i capelli mi si rizzano in testa. L’ultima volta che ho sentito questo commento è stato a Brisbane da un tassista piuttosto sgradevole che ci stava portando all’aeroporto. Aveva notato il mio accento inglese e mi chiedeva da dove venissi. Spesso essere “straniero” con un accento diverso legittima questa domanda, così che in molte occasioni mi diverto a dare risposte ambigue, che confondono la persona che mi interpella … A volte dico di venire dal Brasile, che chiaramente non è possibile (o forse sì), a volte dico di essere originario del Galles o Lussemburgo, luoghi così fantasticamente piccoli che la gente non ha nessun cliché da ripetere su di loro e così allora si può solo andare avanti a parlare di qualcos’altro. … Vedete, io sono davvero uno strano straniero.
Ho girato la questione al tassista e gli ho chiesto da dove venisse. Ha risposto di essere di Sydney, ma ha aggiunto con entusiasmo di essersene dovuto andarsene perché lì c’erano troppi stranieri. Poi ha dichiarato: «Io sono uno straniero nella mia (natia) patria». Ho ingoiato il rospo …. questo detto da un australiano! e nemmeno metà della corsa in taxi fatta! Il viaggio è continuato con tutti gli annessi e connessi della retorica razzista. Ho cercato di tenere alto il tono della conversazione dicendogli che avevo vissuto parecchi anni fuori dal Regno Unito e che ci sono ci sono stati molti vantaggi nell’essere uno straniero e nella stranezza in generale … ma non sono riuscito a fermare la banalità del suo odio. Alla fine del viaggio, una volta pagato, gli ho detto che speravo potesse imparare ad amarsi, cosa che ha causato un momento di confusione nei suoi occhi. Spesso si vede e sente ciò che si VUOLE ascoltare, piuttosto che ciò che è veramente lì, e tutto ciò si adatta in qualche modo a questa storia ed è probabilmente anche un buon posto per concludere.
Simon Will – Gob Squad